
Il lupo sul Monte Pisano: conosciamolo meglio
Rispetto. Fierezza. Malinconia. Ecco cosa suscita in alcune persone la vista degli occhi di un lupo osservati attraverso una fotografia. Il lupo fu, ed è tuttora, una specie demonizzata e idealizzata al contempo. Da esso derivano i “migliori amici dell’uomo”, discendenti accuratamente selezionati per darci ciò che del lupo ci piacque e poté tornarci comodo: la fedeltà, la giocosità e la difesa del territorio.
Presente nei racconti delle più svariate civiltà, il lupo ha interagito profondamente con l’immaginario e l’inconscio dei nostri antenati e continua a farlo con noi uomini di oggi.
Il lupo che condivide con noi la penisola appartiene alla sottospecie Canis lupus italicus ed è diviso in due popolazioni: alpina e appenninica. Per secoli questo canide si vide oggetto di una sanguinosa persecuzione: ritenuto nemico indiscusso dell’uomo, vittima di pregiudizi legati a una sua presunta natura diabolica, strenuo competitore con gli esseri umani per quanto concerne l’attività di caccia agli ungulati nonché rappresentazione suprema del predatore selvatico la cui presenza non è gradita. Fu così che, nei primi del Novecento, il lupo si estinse integralmente sulle Alpi e in Pianura Padana. Sopravvissero solo alcuni nuclei di individui sull’Appennino centrale e meridionale per un totale di circa cento unità.
Verso la fine del secolo scorso, una serie di condizioni contingenti permise una naturale ricolonizzazione ed espansione di questo canide; la rinaturalizzazione di alcune aree d’Italia, dovute al progressivo abbandono delle zone montuose, fu ad esempio uno di questi fattori. Anche l’aumento numerico di ungulati – le prede favorite – ha contribuito a questo processo, dal momento che la presenza del lupo in una data area è sostanzialmente correlata a un’adeguata presenza di prede. Ma anche la sua elevazione a specie protetta, con tassativo divieto di abbattimento, ha influito positivamente sull’incremento della sua popolazione.
Purtroppo, ancora molte false credenze offuscano un sano e scientifico approccio alla tematica “lupo” e le conseguenze legate al suo ritorno. Solo con una conoscenza approfondita di chi abbiamo di fronte si può finalmente abbattere quel muro culturale che vede il lupo come una presenza pericolosa sul nostro territorio, da eliminare per l’ennesima volta. Facendo riferimento alle informazioni che ci giungono da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale) così come dal progetto LifeWolfAlps e da altre autorevoli fonti scientifiche, vediamo di sfatare qualche mito su questo splendido animale.
Il lupo è stato reintrodotto in Italia?
No, il lupo in Italia non è mai stato reintrodotto. Si tratta di una convinzione popolare ancora oggi diffusa ma, di fatto, non è mai stata eseguita alcuna opera di reintroduzione. Le analisi genetiche hanno dimostrato che gli individui rinvenuti sulle Alpi provenivano proprio dall’Appennino. Questo massiccio spostamento è stato causato da un fenomeno chiamato dispersione: secondo l’etologia di questo predatore, arriva un momento in cui un giovane lupo si distacca dal branco partendo per un lungo viaggio in solitaria in cui andrà alla ricerca di un nuovo territorio in cui stabilirsi e un compagno o una compagna con cui fondare un nuovo nucleo familiare. Un individuo in dispersione può arrivare a percorrere diverse centinaia di chilometri nel giro di alcuni mesi. I fattori sopra citati (il rinselvatichimento di alcune aree e l’incremento di prede disponibili) hanno favorito questo naturale comportamento.
Il lupo attacca l’uomo?
No. Il lupo nel nostro continente non è da considerarsi un animale pericoloso per l’uomo: al contrario, questo predatore preferisce evitare gli incontri con l’essere umano e mantenersi a debita distanza. Non siamo visti come prede; piuttosto, insito nel lupo vi è ancora un forte retaggio della persecuzione da noi messa in atto. La percezione che abbiamo di tale specie come minaccia è atavica, risalente a epoche passate in cui in contesti completamente differenti capitava che si verificassero degli attacchi verso gli esseri umani, per cause quali la carenza di prede o malattie (come la rabbia, oggi assente nella popolazione del lupo). Non siamo più nel Medioevo; la situazione è completamente cambiata. La presenza di ungulati selvatici è decisamente più cospicua, per cui al lupo sicuramente non manca la principale fonte di cibo. Montagne e colline, se pur sempre antropizzate, lo sono meno intensamente. Una buona gestione e smaltimento dei rifiuti è ad esempio un buon deterrente all’avvicinamento di lupi agli aggregati umani. I conflitti che ci si trova oggi a dover fronteggiare sono diversi ma ciò che è importante comprendere è che si possono prevenire e risolvere. Saper contestualizzare un fenomeno è fondamentale se si desidera studiarlo in maniera oggettiva.

Lupo – Immagine di archivio
Come comportarsi in caso d’incontro?
In natura è bene, per noi e per gli altri, avere sempre un atteggiamento tranquillo. Dovesse capitarci di incontrare un lupo lungo il nostro cammino, la prima cosa da fare è rimanere in silenzio senza avvicinarci. Nella maggior parte dei casi sarà il lupo ad allontanarsi. Se siete in passeggiata con il vostro cane, tenetelo sempre al guinzaglio. Se incontrate un lupo o un branco mentre sta predando o si sta alimentando, non avvicinatevi assolutamente e pian piano allontanatevi. Infine è importantissimo evitare di dar da mangiare agli animali selvatici: questo li può altrimenti abituare ad avvicinarsi all’uomo, oltre che costituire una possibile minaccia per la loro stessa incolumità.
Ci sono i lupi sul Monte Pisano?
Il dottor Marco Lucchesi, Wildlife Biologist e Independent Researcher di origini livornesi, ci ha gentilmente concesso parte del suo tempo e ci ha spiegato che sì, sul Monte Pisano il lupo c’è. Si è sicuri in particolare della presenza di un branco stabile: in media, la dimensione di un branco di lupi va dai quattro ai sei individui. Ci dobbiamo preoccupare di questo dato? No, anzi, il suo ritorno anche nel territorio del Monte è un fattore da accogliere, indice di un ripristino delle condizioni naturali che ne hanno concesso nuovamente l’insediamento. Non essendo il Monte area protetta, come abbiamo già discusso nell’articolo dedicato alle ex A.N.P.I.L., diviene purtroppo complesso al di fuori di progetti nazionali organizzare monitoraggi ad hoc esclusivamente pianificati per questo massiccio montuoso. Gli ultimi dati disponibili derivano da un progetto di monitoraggio su scala nazionale che ha visto interessata anche una parte di Monte. A questa indagine hanno partecipato, coordinate dal dottor Lucchesi, tre associazioni: Associazione Selvatica, I Camminanti ed EcoLato. Percorrendo transetti predeterminati, tra il 2020 e il 2021 si sono raccolte informazioni attraverso svariati segni di presenza, come piste, deposizioni fecali in zone di marcatura, animali predati e carcasse di lupo. Anche il coinvolgimento delle comunità locali fa parte del lavoro: si tratta di uno scambio comunicativo di estrema importanza, dal momento che per abbattere stereotipi e pregiudizi è necessario coltivare una conoscenza approfondita della specie e delle sue abitudini. Tale conoscenza è a maggior ragione fondamentale per chi vive sul Monte. Per questo sono stati organizzati degli incontri divulgativi al fine di instaurare un dialogo efficace tra chi della biologia del lupo si fa portavoce e chi con esso condivide una porzione di territorio.
Il lupo costituisce una minaccia per l’economia del Monte Pisano?
La risposta corretta, anche questa volta, è… no! Nel contesto del Monte Pisano, il lupo non danneggia l’economia locale. Fortunatamente vi è abbondanza di cinghiali, oltre che qualche daino e capriolo. Per cui, lo ripetiamo, là dove siano presenti le naturali prede di questo carnivoro, esso le prediligerà. Il conflitto è invece maggiormente sentito da chi pratica l’esercizio venatorio, largamente diffuso su tutto il comprensorio montuoso. In alcuni cacciatori infatti si è risvegliato quel senso di minaccia e competizione con il predatore per quanto riguarda il prelievo di cinghiali e altri ungulati; ricordiamoci però che il lupo ne ha bisogno per sopravvivere. Quindi, che il lupo possa sopravvivere e avere successo nella riproduzione è un diritto fondamentale che non gli si dovrà mai più negare.
Il mondo è verde grazie all’esistenza dei predatori carnivori
Nel 1960 venne formulata la Green World Hypothesis, o “ipotesi del mondo verde”, in cui si afferma che se la Terra vanta un’abbondantissima e rigogliosa copertura vegetale è grazie alla presenza dei carnivori nella catena alimentare. In pratica, l’effetto equilibrante della predazione che essi esercitano sulle popolazioni di animali erbivori salva il nostro pianeta dal divenire un arido e brullo globo rotante. Ovviamente quest’ultima affermazione è un’esasperazione voluta; tuttavia, cogliamo l’occasione per riflettere su questo: se non esistessero i grandi predatori carnivori, chi manterrebbe così efficacemente sotto controllo il proliferare di popolazioni di specie erbivore e dunque la loro incessante richiesta di vegetazione? Le popolazioni di prede e predatori sono indissolubilmente legate tra loro in una ciclicità densità-dipendente: con l’aumentare della preda aumenta anche il predatore, al diminuire della preda diminuisce anche il predatore, secondo un movimento oscillatorio che potenzialmente non ha fine. Tale modello, così presentato, risulta troppo semplicistico applicato a una realtà complessa e intrisa di variabili ma può offrire un’idea delle fluttuazioni verificate e verificabili tra queste due componenti, a cui possiamo aggiungerne una terza: quella delle piante consumate dagli animali erbivori, che grazie all’effetto regolatore dei carnivori possono sempre rinnovarsi. Ringraziamo dunque i lupi che sono finalmente tornati e si sono reinseriti in una catena alimentare da troppi decenni squilibrata e ci auguriamo che, col tempo, possano avere un effetto determinante su popolazioni decisamente e innaturalmente abbondanti come quella del cinghiale in Italia.
Contro il terrorismo mediatico e le fake news: la coesistenza è possibile e auspicabile
Cerchiamo di prendere le distanze da una divulgazione scorretta e ascientifica. Spesso e volentieri, quando si cercano notizie su un dato avvenimento, ci si imbatte facilmente in articoli incompleti, esagerati o addirittura tendenziosi che non servono a risolvere il problema, ove presente, ma anzi lo amplificano, contribuendo alla diffusione di falsità e vanificando il lavoro giornaliero di chi cerca di fare una corretta informazione e si batte per una convivenza di fatto possibile. Lo testimoniano autorità nazionali e regionali, biologi e naturalisti, varie associazioni e molti degli stessi allevatori. Naturalmente le problematiche si possono presentare, come è già accaduto. Innanzitutto si prova a prevenirle, e laddove ciò non sia possibile si cerca di risolverle. In questo caso, la partecipazione attiva e propositiva di tutte le parti coinvolte è fondamentale. Siamo chiamati a cambiare prospettiva: dobbiamo passare da uno sguardo antropocentrico a un approccio ecocentrico, consapevoli del fatto che non siamo soli sulla Terra e del beneficio ecologico che rappresentano i grandi predatori. Se “nessun uomo è un’isola”, l’Ecologia ci insegna che a maggior ragione nessuna specie lo è.
Fonti
Bibliografia:
- Club Alpino Italiano, Presenze Silenziose,
- Feltrin N., Vecchi E., Dormiente P., Orme Selvagge: un cammino zooantropologico e spirituale, Rewilding Academy, 2021.
- Smith&Smith, Elementi di Ecologia, Pearson, 2017.
Sitografia:
Articolo di: Margherita Bianchi