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Natura in movimento: gli incendi sul Monte Pisano

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Come sta rinascendo il Monte Pisano dopo gli ultimi incendi?

Il paesaggio del Monte Pisano è stato sin dai primi insediamenti umani in costante cambiamento, in una storia di coesistenza tra le attività antropiche e le leggi ecologiche, invisibili ma sempre presenti, a  cui tutti gli organismi rispondono. 

In questo articolo affronteremo la complessa tematica degli incendi boschivi offrendo il punto di vista della natura. Come reagisce un ecosistema in seguito a un evento traumatico come può essere il  passaggio del fuoco? Ci siamo mai soffermati a osservare un ambiente in ripresa post-incendio?

Le dinamiche che entrano in gioco sono molto interessanti, e sicuramente l’aspetto più stimolante è che le possiamo vedere direttamente con i nostri occhi. 

Il Monte Pisano e gli incendi

Il Monte Pisano, nel tempo, è stato teatro di numerosi incendi (di cui due molto recenti tristemente noti per il loro devastante impatto, riconducibili a settembre 2018 e a gennaio 2019). Pare che solo un  settore del Monte non sia stato interessato da questa tipologia di eventi negli ultimi 50 anni  (corrispondente al 10% della totalità di aree incendiate).  

Percorrendo le mulattiere che attraversano le zone colpite, ad esempio quella che conduce dal borgo di  Montemagno al Monte della Verruca (537 m s.l.m.), noteremo, osservando la vegetazione, una lenta e incessante opera di ristrutturazione. Ristrutturazione di che cosa? Della struttura del bosco che con il  passare del fuoco è andata distrutta. Questo perché le comunità vegetali, ovvero l’insieme di tutte le  specie che condividono un medesimo spazio, sono caratterizzate da una precisa struttura. Nel primo strato troviamo il tappeto forestale, costituito da materia organica morta, nel secondo la copertura erbacea, nel terzo quella degli arbusti, infine il quarto strato è costituito dagli alberi.

Cosa comporta un incendio?

Nel caso di un evento di disturbo, come può esserlo il passaggio del fuoco, si viene a creare in poco tempo una superficie in cui la disponibilità di luce è elevatissima, quindi perfetta per l’inizio di una nuova colonizzazione da parte delle piante. Quelle che per prime cresceranno saranno più adattate a un irraggiamento solare intenso, dal momento che non vi è ancora una copertura che crei zone ombrose, e domineranno di fatto questa prima fase di ricrescita. Ma così crescendo, e anche piuttosto velocemente, nel tempo si creeranno condizioni microambientali di ombreggiamento favorevoli alla crescita di un’altra categoria di piante, quelle che vivono meglio con poca luce a disposizione. Nel giro di decine e centinaia di anni anche la volta costituita dalle chiome delle piante (ormai adulte) che si  insediarono per prime morirà, cedendo la dominanza ad altri individui. Questo fenomeno è chiamato successione: l’insieme dei cambiamenti nella struttura delle comunità nel tempo. Altri fattori, come ad esempio la qualità del suolo, concorrono a questa alternanza nella dominanza: alcune specie arricchiscono il terreno con sostanza organica, rendendolo più adeguato all’arrivo di  altre. Ogni fenomeno in natura è fortemente interconnessa! 

Un adattamento forzato

Ci sono specie che beneficiano del calore provocato dalle fiamme poiché si sono adattate alla frequente presenza di incendi naturali. Ad esempio, diverse specie di pino hanno bisogno di un calore così elevato per la propria riproduzione: gli strobili (chiamati volgarmente “pigne”) sono sigillati finché non sono sottoposti al passaggio delle fiamme, successivamente si aprono ed è così possibile la dispersione dei semi che vi sono contenuti. Altre volte invece è proprio il seme stesso che per iniziare la germinazione necessita di calore. 

Alcuni enti parco utilizzano la tecnica di gestione forestale degli incendi controllati, presa in  considerazione anche per progetti di ripristino ambientale. 

Cosa sta accadendo in questo momento nell’area della Verruca?

Le pinete a pino marittimo (Pinus  pinaster) costituivano il manto boschivo predominante, fatto tra l’altro dovuto proprio al ripetersi di incendi che come abbiamo visto può favorire la riproduzione di alcune specie, unito alla forte incendiabilità che caratterizza le piante resinose. Praticamente un cane che si morde la coda. Dove il bosco non si è ancora ricostituito vi sono buone coperture erbacee e arbustive, come le fitte macchie a  Ericacee (Erica arborea ed Erica scoparia). Un altro arbusto particolarmente abbondante nelle zone  degradate è il ginestrone (Ulex europaeus), fabacea che in seguito a fioritura in primavera riempie l’aria di un dolcissimo aroma. Anche quest’ultimo viene facilitato dal fuoco nella dispersione e germinazione dei semi. Non possiamo poi non nominare il cisto femmina (Cistus salvifolius), dalle foglie somiglianti a quelle della salvia. La macchia che si è venuta a formare in seguito all’incendio è stata chiamata dagli esperti “macchia atipica”, molto densa e fitta. Il pino marittimo intanto si rinnova con giovani individui, così come il castagno (Castanea sativa), altro importante albero per il Monte Pisano. 

E per quanto riguarda la fauna?

Un progetto di dottorato dell’Università di Pisa, finanziato in parte da un tavolo tecnico coordinato dal Professor Marroni e in parte dal Dipartimento di Biologia, ha voluto indagare la ripopolazione faunistica post-incendio (quello relativo al 2018) mettendo in luce, tramite fototrappolaggio, la rinnovata presenza di volpi, tassi, faine, cinghiali, scoiattoli, piccoli roditori, allocchi, rettili e artropodi. Questo perché con il ritorno della vegetazione non può non avvenire al contempo il ritorno della fauna

Il fuoco, un bene o un male per il bosco?

Dunque, affibbiare al fuoco l’etichetta di “buono” o “cattivo” non può portarci molto lontano. È certo però che nel contesto del Monte Pisano, fortemente antropizzato, i ripetuti incendi di origine umana e di natura anche dolosa sono una grave forma di disturbo che porta disequilibrio e impedisce  puntualmente il ristabilirsi delle naturali comunità, le quali, superato lo stadio di dominanza della  pineta, verrebbero a essere più eterogenee nella composizione e costituite da specie meno suscettibili  al fuoco. Ne è una prova anche il fatto che se andiamo a comparare le macchie post-incendio che non  hanno subìto il susseguirsi di troppi fuochi, già più mature, con quelle che invece ne sono state colpite, noteremo che le prime sono molto più ricche in specie vegetali e molto più complesse nella struttura. E  in ecologia biodiversità significa equilibrio. 

Bibliografia 

  • Elementi di Ecologia”, Smith&Smith, 2017, Pearson.
  • La vegetazione del Monte Pisano”, B. Andrea, Sani A., Tomei P. Emilio, “I quaderni del metato”, 2003- 2004, Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema, Università di Pisa.
  • Recolonization of biocoenosis in Mediterranean mountain-hilly environments affected by fire: the case  of Monte Pisano as a study model”, Orlando Tomassini, Tutor: Alessandro Massolo, 2019-2022,  Università di Pisa.
  • A pilot study on the use of camera trapping to monitor meso-mammals in an area affected by fire”, Sofia  Bertonelli 2021, Università di Pisa. 

Sitografia 

 

Articolo di: Margherita Rebecca Bianchi

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Margherita Bianchi

Ciao, il mio nome è Margherita e sono una Naturalista. Fin da bambina ho nutrito un grande amore per la natura e con il tempo è sorto in me il desiderio di contribuire alla sua protezione. Mi sto attualmente specializzando in Conservazione ed Evoluzione presso l’Università di Pisa. Amo la scrittura come forma di espressione personale; mi piace attraverso di essa parlare di ciò che vedo da una prospettiva sia scientifica che personale. Spero con i miei articoli di accendere una scintilla di fascinazione per l’incredibile varietà di esseri che ci circonda e di far comprendere l’importanza della loro salvaguardia.